Selecione

Primeira

Texto Original

prima

Della prima considerazione, delle sacre sante Istimate.

 

Quanto alla prima considerazione, è da sapere; che S. Francesco essendo in etade di quarantatre anni, nelle mille dugento ventiquattro, ispirato da Dio si mosse della Valle di Spuleto, per andare in Romagna con Frate Lione suo compagno; e andando, passò a piè del Castello di Montefeltro; nel quale Castello si facea allora un grande convito, e corteo per la cavalleria nuova d’uno di quelli Conti di Montefeltro, e udendo Santo Francesco questa solennitade che vi si facea, e che ivi erano raunati molti gentili uomini di diversi paesi, disse a Frate Lione: Andiamo quassù a questa festa, perocchè collo ajuto di Dio noi faremo alcuno buono frutto spirituale. Tra gli altri gentili uomini, che vi erano venuti di quella contrada a quello corteo, sì v’era uno grande e anche ricco gentiluomo di Toscana, lo quale avea nome Messere Orlando da Chiusi di Casentino; il quale per le meravigliose cose, che egli avea udito della santitade, e de’ miracoli di Santo Francesco, gli portava grande divozione, e avea grandissima voglia di vederlo, e d’udirlo predicare. Giunge Santo Francesco a questo castello, ed entra dentro, e vassene in sulla piazza, dove era raunata tutta la moltitudine di questi gentili uomini; e in fervore di spirito montò in su uno moricciuolo, e cominciò a predicare, proponendo per tema della sua predica queste parole in volgare: Tanto è il bene cheio aspetto, Ch’ogni pena m’è diletto; e sopra questa tema per dittamento dello Spirito Santo, predicò sì divotamente e sì profondamente, provandolo per diverse pene e martirj de’ Santi Apostoli e de’ Santi Martiri, e per le sue penitenzie de’ Santi Confessori, e per molte tribolazioni e tentazioni delle Sante Vergini e degli altri Santi, che ogni gente istava con gli occhi e con la mente sospesa verso lui, e attendevano, come se parlasse uno Angelo di Dio, tra li quali il detto Messere Orlando, toccato nel cuore da Dio per la meravigliosa predicazione di Santo Francesco, si puose in cuore d’ordinare e ragionare con lui dopo la predica de’ fatti della anima sua. Onde compiuta la predica, egli trasse Santo Francesco da parte, e dissegli: O padre io vorrei ordinare teco della salute della anima mia. Rispose Santo Francesco: Piacemi molto ma va istamani, e onora gli amici tuoi, che t’hanno invitato alla festa, e desina con loro; e dopo desinare, perleremo insieme quanto ti piacerà. Vassene dunque Messere Orlando a desinare: e dopo desinare torna a Santo Francesco,e si ordina e dispone con esso lui i fatti della anima sua pienamente. E in fine disse questo Messere Orlando a Santo Francesco: Io ho in Toscana uno Monte divotissimo, il quale si chiama il Monte della Vernia, lo quale è molto solitario, ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenzia, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria, s’egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia. Udendo Santo Francesco così liberale profferta di quella cosa, ch’egli desiderava molto, n’ebbe grandissima allegrezza; e laudando, e ringraziando in prima Iddio e poi Messere Orlando, sì gli disse così: Messere Orlando, quando voi sarete tornato a casa vostra io manderò a voi de’ miei compagni, e voi mostrerete loro quel monte; e s’egli parrà loro atto a orazione e a fare penitenzia insino a ora io accetto la vostra profferta caritativa i e detto questo, Santo Francesco si parte: e compiuto, ch’egli ebbe il suo viaggio, si ritornò a Santa Maria degli Angeli: e Messere Orlando similmente compiuta ch’egli ebbe la solennitade di quello corteo, si ritornò al suo Castello, che si chiamava Chiusi, il quale era presso alla Vernia a uno miglio. Tornato dunque che Santo Francesco fu a Santa Maria degli Angeli, mandò due de’ suoi compagni al detto Messere Orlando: i quali, giugnendo a lui, furono con grandissima allegrezza e caritade da lui ricevuti. E volendo egli mostrare loro il Monte della Vernia, sì mandò con loro bene da cinquanta uomini armati acciocchè gli difendessono dalle fiere salvatiche e così accompagnati questi Frati, salirono in sul Monte, e cercarono diligentemente; e alla perfine vennono ad una parte del Monte molta divota, e molto atta a contemplare; nella quale parte si era alcuna planura; e quello luogo si scelsono per loro abitazione, e di S. Francesco; e’ insieme coll’ajuto di quelli uomini armati che erano in loro compagnia, feciono alcuna celluzza di rami d’alberi: e così accettarono al nome di Dio e presono il Monte della Vernia, e il luogo de’ Frati in esso Monte, e partironsi e tornarono a Santo Francesco. E giunti che furono a lui, sì gli recitarono, come e in che modo eglino aveano preso il luogo in sul Monte della Vernia attissimo alla orazione e a contemplazione: Udendo Santo Francesco questa novella, si rallegrò molto, e laudando e ringraziando Iddio, parla a questi Frati con allegro viso, e dice così: Figliuoli miei, noi ci appressiamo alla nostra Quaresima di Santo Michele Arcangelo, io credo fermamente, che sia volontà di Dio, che noi facciamo questa Quaresima in sul Monte della Vernia, il quale per divina dispensazione ci è stato apparecchiato: acciocchè a onore e gloria di Dio, e della sua Madre gloriosa Vergine Maria, e de’ Santi Angeli, noi con penitenzia meritiamo da Cristo consolazione di consacrare quel Monte benedetto, e allora detto questo, Santo Francesco si prese seco Frate Masseo da Marignano d’Ascesi, il quale era uomo di grande senno, e di grande eloquenzia; e Frate Angelo Tancredi da Rieti, il quale era molto gentile uomo, ed era stato cavaliere nel secolo; e Frate Lione, il quale era uomo di grandissima semplicità e puritade; per la qual cosa Santo Francesco molto lo amava. E con questi tre Frati Santo Francesco si puose in orazione, raccomandò sè, e li predetti compagni alle orazioni de’ Frati, che rimanieno, e mossesi con quelli tre nel nome di Gesù Cristo Crocifisso, per andare al Monte della Vernia, e movendosi Santo Francesco, chiamò uno di quei tre compagni, ciò fu Frate Masseo, e sì gli disse così: Tu, Frate Masseo, sarai nostro Guardiano e nostro Prelato in questo viaggio; cioè mentre che noi andremo e staremo insieme, e sì osserveremo la nostra usanza; che, o noi diremo l’ufficio, o noi parleremo di Dio, o noi terremo silenzio; e non penseremo innanzi, nè di mangiare, nè di bere, nè di dormire: ma quando e’ sarà l’ora dello albergare, noi accatteremo un poco di pane, e sì ci ristaremo, e riposeremoci in quel luogo che Dio ci apparecchierà. Allora questi tre compagni inchinarono i capi, e facendosi il segno della croce, andarono oltre: e la prima sera giunsono ad uno luogo di Frati, e quivi albergarono, la seconda sera, tra per lo mal tempo, e perchè erano stanchi, non potendo giugnere a uno luogo di Frati nè a castello, nè a villa nessuna, sopraggiugnendo la notte col mal tempo, si ricoverarono ad albergo in una chiesa abbandonata e disabitata, e ivi si puosono a riposare. E dormendo li compagni, Santo Francesco si gittò in orazione; ed eccoti in su la prima vigilia della notte, venire una grande moltitudine di Demonj ferocissimi, con romore e stropiccìo grandissimo, e cominciarono fortemente a dargli battaglia e noja; onde l’uno lo pigliava di qua, e l’altro di la; l’uno lo tirava in giù, e l’altro in su; l’ uno il minaccia d’ una` cosa, e l’altro gliene rimproverava un’altra; e così in diversi modi si ingegnavano di sturbarlo della orazione; ma non poteano, perchè Iddio era con lui. Onde quando Santo Francesco ebbe assai sostenuto queste battaglie de’ Demonj, egli cominciò a gridare ad alta voce: O spiriti dannati, voi non potete niente, se non quanto la mano di Dio vi permette: e però dalla parte dello onnipotante Iddio io vi dico, che voi facciate nel corpo mio ciò che vi è permesso da Dio; conciossiachè io lo sostegna volentieri, perch’io non ho maggiore nemico, che il corpo mio; e però se voi per me fate vendetta del mio nemico, voi mi fate troppo grande servigio. E allora i Demonj con grandissimo impeto e furia, sì lo presono, e cominciaronlo a strascinare per la chiesa, e farli troppo maggiore molestia e noja, che in prima. E Santo Francesco allora cominciò a gridare, e dire: Signor mio Gesù Cristo, io ti ringrazio di tanto onore e carità, quanto tu mostri verso di me; che è segno di grande amore, quando il Signore punisce bene il servo suo di tutti i suoi difetti in questo mondo, acciocchè non ne sia punito nell’altro. E io sono apparecchiato a sostenere allegramente ogni pena, e ogni avversitade che tu, Iddio mio, mi vuoi mandare per li miei peccati. Allora li Demonj confusi e vinti della sua costanza e pazienza, si partirono; e Santo Francesco in fervore di spirito esce della chiesa, e entra in un bosco, ch’era ivi presso, e quivi si gitta in orazione; e con prieghi, e con lagrime, e con picchiare di petto, cerca di trovare Gesù Cristo sposo e diletto della anima sua. E finalmente trovandolo nel segreto della sua anima, gli parlava riverente, come a Signore; ora gli rispondeva, come a suo giudice; ora il pregava, come padre; ora gli ragionava, come ad amico. In quella notte, e in quel bosco i compagni suoi, poichè s’erano desti e istavano ad ascoltare e considerare quello che facea; sì il viddono, e udirono con pianti e con voci, pregare divotamente la divina misericordia per li peccatori. Fu allora udito e veduto piagnere ad alta voce la passione di Cristo, come s’egli la vedesse corporalmente. In questa notte medesima il viddono orare colle braccia raccolte in modo di croce, per grande ispazio sospeso e sollevato da terra, e attorniato da una nuvola splendente. E così in questi santi esercizj tutta quella notte passò senza dormire; e di poi la mattina, cognoscendo li compagni, che per la fatica della notte, che passò senza dormire, Santo Francesco era troppo debole del corpo, e male avrebbe potuto camminare a piede; sì se ne andarono a uno povero lavoratore della contrada, e sì gli chiesono, per l’amore di Dio, il suo asinello in prestanza per Frate Francesco loro padre il quale non potea andare a piede. Udendo costui ricordare Frate Francesco, sì gli domandò: Sete voi di quelli frati di quello Frate d’Ascesi, del quale si dice cotanto bene? Rispondono li Frati, che sì, e che per lui veramente eglino addomandano il somiero. Allora questo buono uomo con grande divozione e sollecitudine, sì apparecchiò l’asinello, e menollo a Santo Francesco, e con grande reverenzia vel fece salire suso, e camminarono oltre; e costui con loro, dietro al suo asinello. E poichè furono oltre un pezzo, disse il villano a Santo Francesco: Dimmi, se’ tu Frate Francesco d’Ascesi? Risponde Santo Francesco che sì. Ora t’ingegna dunque, disse il villano, d’essere così buono, come tu se’ tenuto da ogni gente perciocchè molti hanno grande fede in te; e però io ti ammonisco, che in te non sia altro, che quello che la gente ne spera. Udendo Santo Francesco queste parole, non si sdegnò d’essere ammonito da uno villano, e non disse tra sè medesimo: Che bestia è costui, che m’ammonisce! siccome direbbono oggi molti superbi, che portano la cappa; ma immantinente si gittò in terra dello asino, e inginocchiossi dinanzi a costui, e baciolli i piedi; e sì lo ringrazia umilmente, perchè s’era degnato d’ammonirlo così caritativamente. Allora il villano, insieme con li compagni di Santo Francesco, con grande divezione lo levarono da terra, e ripuosonlo in su l’asino, e caminarono oltre, e giunti che furono forse a mezza la salita del monte, perch’era il caldo grandissimo, e la salita faticosa, e questo villano gli venne gran sete, intento che cominciò a gridare dopo Santo Francesco, dicendo: Oimè? che io mi muoio di sete; che se io non ho qualche cosa da bere, io trafelerò immantanente. Per la quale cosa Santo Francesco iscende dallo asino e gittasi in orazione e tanto si stette ginocchioni colle mani levate a Cielo, che cognobbe per revelazione, che Iddio l’avea esaudito. E allora disse Santo Francesco al villano: Corri, va tosto a quella pietra, e ivi troverai l’acqua viva, la quale Gesù Cristo in questa ora, per la su misericordia, ha fatta uscire da quella pietra. Corre costui a quello luogo che Santo Francesco gli avea mostrato, e trova una bella fonte, per virtù della orazione di Santo Francesco prodotta dal sasso durissimo, e bevvene copiosamente, e fu confortato. E bene apparve, che quella fonte fusse da Dio prodotta miracolosamente per li prieghi di Santo Francesco, perocchè nè prima, nè poi in quello luogo non si vide giammai fonte d’acqua, nè acqua viva presso a quello luogo a grande ispazio. Fatto questo Santo Francesco con li compagni e col villano ringraziarono Iddio del miracolo mostrato, e poi camminarono oltre. E appressandosi a piè del sasso proprio della Vernia, piacque a Santo Francesco di riposarsi un poco sotto una quercia, che era i sulla via, ed evvi ancora; e istando sotto ad essa Santo Francesco, cominciò a considerare la disposizione del luogo e del paese: e istando in questa considerazione, eccoti venire una grande moltitudine d’uccelli di diverse ragioni, li quali con cantare e con battere l‘ali, mostravano tutti grandissima festa e allegrezza; e attorniarono Santo Francesco in tale modo, che alquanti se li puosono sul capo, alquanti in sulle spalle, e alquanti in sulle braccia, alquanti in grembo, e alquanti d’intorno a’ piè. Vedendo questo i suoi compagni, ed il villano, e maravigliandosi Santo Francesco, tutto allegro in ispirito disse così: Io credo, carissimi fratelli, che al nostro Signore Gesù Cristo piace, che noi abitiamo in questo Monte solitario, poichè tanta allegrezza ne mostrano della nostra venuta le nostre sirocchie e fratelli uccelli. E dette queste parole, si levarono suso, e camminarono oltre; e finalmente pervenonno al luogo, ch’aveano in prima preso i suoi compagni. E questo è quanto alla prima considerazione, cioè come Santo Francesco pervenne al Monte Santo della Vernia.

Texto Traduzido

prima

Primeira consideração sobre os sagrados santos estigmas.

 

Quanto à primeira consideração, devemos saber que São Francisco, com a idade de quarenta e três anos, em 1224, inspirado por Deus, moveu-se do vale de Espoleto para ir à Romanha com Frei Leão, seu companheiro. E na viagem passou ao pé do castelo de Montefeltro, onde havia então um grande banquete com cortejo pela cavalaria nova de um dos condes de Montefeltro. Quando São Francisco soube dessa solenidade que ali se realizava, e que lá estavam reunidos muitos gentis-homens de diversos países, disse a Frei Leão: “Vamos lá em cima para essa festa porque, com o auxílio de Deus, faremos algum fruto espiritual”. 
Entre os outros gentis-homens que tinham ido daquela região para aquele cortejo, havia um grande e também rico homem da Toscana, que se chamava Orlando de Chiusi de Casentino, o qual, pelas coisas maravilhosas que tinha ouvido da santidade e dos milagres de São Francisco, tinha grande devoção para com ele e tinha muita vontade de vê-lo e de ouvi-lo pregar. 
São Francisco chegou ao castelo, entrou e foi à praça, onde estava reunida toda a multidão dos gentis-homens, e com fervor de espírito subiu sobre um murinho e começou a pregar, propondo como tema da pregação esta palavra em vulgar: Tanto é o bem que eu espero, que toda pena é um prazer para mim. E sobre este tema, por ditado do Espírito Santo, pregou tão devota e tão profundamente, provando-o pelas diversas penas e martírios dos santos Apóstolos e dos santos Mártires, e pelas duras penitências dos santos Confessores, pelas múltiplas tribulações e tentações das santas Virgens e dos outros Santos, que toda as pessoas estavam com os olhos e a mente suspensos olhando para ele, e escutavam como se estivesse falando um Anjo de Deus. Entre eles, o dito monsior Orlando, tocado por Deus no coração pela maravilhosa pregação de São Francisco, resolveu no coração que ia tratar e discorrer com ele, depois da pregação, sobre as coisas de sua alma. 
Por isso, terminada a pregação, levou São Francisco à parte e lhe disse: “Ó pai, eu gostaria de tratar contigo da salvação de minha alma”. São Francisco respondeu: “Muito me agrada; mas, nesta manhã, ide honrar os vossos amigos que vos convidaram para a festa e comei com eles, e, depois da refeição, falaremos os dois quanto vos agradar”. 
Então monsior Orlando foi jantar e, depois de jantar voltou a São Francisco e tratou e dispôs com ele plenamente os fatos de sua alma. No fim, esse monsior Orlando disse a São Francisco: “Eu tenho na Toscana um monte muito devoto, que se chama Monte Alverne, que é muito solitário e selvagem, muito adequado para quem quiser fazer penitência ou para quem deseja vida solitária, num lugar afastado das pessoas. Se ele te agradar, eu vou dá-lo de boa vontade a ti e a teus companheiros, pela salvação de minha alma”. 
Ouvindo São Francisco essa oferta tão liberal daquilo que ele tanto desejava, ficou muito alegre, louvando e agradecendo primeiro a Deus e depois ao predito monsior Orlando, e lhe disse assim: “Monsior, quando tiverdes voltado para vossa casa, eu vos mandarei companheiros meus e vós lhes mostrareis o monte. Se lhes parecer adequado para a oração e para fazer penitência, eu aceito desde agora a vossa caridosa oferta”. 
Dito isso, São Francisco foi embora. Quando acabou sua viagem, voltou a Santa Maria dos Anjos. E monsior Orlando, de maneira semelhante, acabada a solenidade daquele cortejo, voltou ao seu castelo, que se chamava Chiusi, e estava perto do Alverne, a uma milha. 
Então, quando São Francisco voltou a Santa Maria dos Anjos, mandou dois de seus companheiros ao referido monsior Orlando. Quando chegaram a ele, foram recebidos com grande alegria e caridade. E como queria mostrar-lhes o monte Alverne, mandou com eles bem cinqüenta homens armados, para que se defendessem dos animais selvagens. Assim acompanhados, os frades subiram ao monte e o revisaram diligentemente. No fim, chegaram a uma parte do monte muito devota e muito adequada para contemplar, na qual havia um pouco de terreno plano. Escolheram esse lugar para morarem, eles e São Francisco. 
Juntos, com a ajuda daqueles homens armados, que estavam na sua companhia, fizeram uma pequena cela de ramos de árvores. E assim aceitaram e tomaram, no nome de Deus, o monte Alverne e o lugar dos frades nesse monte. Partiram e voltaram a São Francisco. Quando chegaram a ele, contaram como e de que modo tinham tomado o lugar no monte Alverne, muito adequado para a oração e a contemplação. Quando ouviu essa notícia, São Francisco se alegrou muito e, louvando e agradecendo a Deus, disse a esses frades com o rosto alegre: “Meus filhos, estamos nos aproximando de nossa quaresma de São Miguel Arcanjo: creio firmemente que é vontade de Deus que façamos esta quaresma no monte Alverne, que por disposição divina foi-nos aprontado para que, para honra e glória de Deus e de sua gloriosa Virgem Maria e dos santos Anjos nós mereçamos de Deus, pela penitência, a consolação de consagrar aquele monte abençoado”. 
Dito isso, São Francisco tomou consigo Frei Masseo de Marignano de Assis, que era homem de muito bom senso e de grande eloquência, e Frei Ângelo Tancredi de Rieti, que era muito gentil-homem e no século tinha sido cavaleiro, e Frei Leão, que era homem de grande simplicidade e pureza (por isso São Francisco o amava muito, e lhe revelava quase todos os seus segredos). 
Com esses três frades, São Francisco se pôs em oração e depois, acabada a oração, recomendou às orações dos frades que ficavam ele mesmo e os preditos companheiros e se moveu com aqueles três no nome de Jesus Cristo crucificado para ir ao monte Alverne. Movendo-se, São Francisco chamou um dos três, que foi Frei Masseo, e lhe disse assim: “Tu, Frei Masseo, serás nosso guardião e nosso prelado nesta viagem, isto é, enquanto nós formos e ficarmos juntos, e assim observaremos nosso costume de dizermos o ofício, ou falar de Deus, ou manter silêncio, não pensaremos antes nem em comer nem em beber ou dormir: quando for hora de nos abrigarmos, pediremos um pouco de pão e vamos ficar e repousar no lugar que Deus nos aprontar”. 
Então esses três companheiros inclinaram a cabeça e, fazendo o sinal da cruz, foram em frente.Na primeira tarde chegaram a um lugar dos frades e aí se albergaram. Na segunda tarde, pelo mau tempo e porque estavam cansados, não puderam chegar a um lugar dos frades nem a vila alguma. Sobrevindo a noite com mau tempo, recolheram-se para se albergar em uma igreja abandonada e desabitada, e aí se puseram a repousar. 
Os companheiros dormiram e São Francisco se pôs em oração. E eis que, na primeira vigília da noite, veio uma grande multidão de demônios ferocíssimos, com rumor e um grandíssimo estropício. Começaram a dar-lhe fortemente combate e aborrecimento: um o pegava de um lado e outro do outro; um puxava-o para baixo e outro para cima; um ameaçava-o de uma coisa e outro o criticava por outra. E assim, em diversos momentos, engenhavam-se por perturba-lo na oração. Mas não podiam, porque Deus estava com ele. Por isso, quando São Francisco tinha suportado bastante dessas batalhas dos demônios, começou a gritar em altas vozes: “Ó espíritos danados, vós não podeis nada a não ser o que vos permite a mão de Deus. Pois da parte de Deus onipotente eu vos digo que façais no meu corpo o que Deus permitir, pois vou suportar de boa vontade, porque não tenho inimigo maior do que o meu corpo. Então, se me vingais do meu inimigo, é um grande favor que me fazeis”. 
Então os demônios, com grande ímpeto e fúria, agarram-no e começaram a arrastá-lo pela igreja, fazendo-lhe muito mais moléstia e aborrecimento do que antes. Então São Francisco começou a gritar e a dizer: “Senhor meu Jesus Cristo, eu te agradeço por tanto amor e caridade que demonstras para comigo, pois isso é sinal de grande amor, quando o Senhor pune o servo por todos os seus defeitos neste mundo para que não seja punido no outro. E eu estou pronto para suportar alegremente toda pena e toda adversidade que tu, meu Deus, me quiseres mandar por meus pecados”. 
Então os demônios, confusos e vencidos pela sua constância e paciência, foram embora. E São Francisco, com fervor de espírito, saiu da igreja e entrou em um bosque que havia ali perto. Lá lançou-se em oração e, com súplicas e lágrimas, batendo no peito, procurou encontrar Jesus Cristo esposo e dileto de sua alma. Finalmente, quando o encontrou no segredo de sua alma, ora lhe falava reverente como ao Senhor, ora respondia como ao seu juiz, ora lhe suplicava como ao pai, ou conversava com ele como um amigo. 
Naquela noite e naquele bosque, os seus companheiros, porque tinham acordado e estavam escutando e considerando o que fazia, viram-no e o ouviram rogar a divina misericórdia pelos pecadores, com prantos e vozes. Foi então ouvido e visto chorando em alta voz a paixão de Cristo, como se a visse corporalmente. Nessa mesma noite viram-no orar, com os braços postos em cruz, suspenso e levantado da terra, por muito tempo, e cercado por uma nuvem resplandecente. E assim, nesses santos exercícios, passou toda aquela noite sem dormir. 
De manhã, conhecendo os companheiros que, pela fadiga da noite que passou sem dormir, São Francisco estava com o corpo muito enfraquecido e mal teria podido andar a pé, foram a um pobre trabalhador da região e lhe pediram por amor de Deus o seu burrinho emprestado para Frei Francisco, seu pai, que não podia andar a pé. Ouvindo que lembravam Frei Francisco, perguntou-lhes: “Vós sois dos frades daquele Frei Francisco de Assis, de quem falam tanto bem?”. Os frades responderam que sim e na verdade era para ele que estavam pedindo a montaria. Então o bom homem, com grande devoção e solicitude aprontou o burrinho e o levou a São Francisco e, com grande reverência, fez com que montasse. E foram adiante; e o homem com eles, atrás do burrinho. 
Quando já tinha caminhado um pouco, disse o aldeão a São Francisco: “Diz-me, tu és Frei Francisco de Assis?”. São Francisco respondeu que sim. “Então te esforça, disse o aldeão, por ser tão bom como és tido por toda gente, porque muitos têm grande fé em ti. Então eu te admoesto que em ti não haja outra coisa senão o que o povo espera”. Ouvindo essas palavras, São Francisco não se incomodou de ser admoestado por um aldeão, e não disse consigo: “Que animal é este que me admoesta? como diriam hoje muitos soberbos que usam o hábito. Mas saltou na mesma hora do burro para o chão, ajoelhou-se diante do homem e lhe beijou os pés, agradecendo-lhe humildemente porque ele se dignara admoesta-lo tão caridosamente. Então o vilão, com os companheiros São Francisco levantaram-no do chão com grande devoção e o repuseram no burro. E foram adiante. 
Quando chegaram talvez à metade do monte, como calor era muito grande e a subida cansativa, o aldeão ficou com uma enorme sede, tanto que começou a gritar atrás de São Francisco dizendo: “Ai de mim! Estou morrendo de sede. Se eu não tiver alguma coisa para beber já vou me sufocar”. Por isso, São Francisco desceu do burro e se pôs em oração. Ficou ajoelhado, com as mãos erguidas para o céu até que soube, por revelação, que Deus o escutara. 
Então disse ao aldeão: “Corre, vai depressa àquela pedra, e lá encontrarás a água viva que Cristo, agora, em sua misericórdia, fez sair daquele pedra”. O homem correu para o lugar que São Francisco tinha mostrado e encontrou uma fonte belíssima, produzida pela virtude da oração de São Francisco de uma rocha duríssima, bebeu copiosamente e ficou confortado. 
E ficou bem claro que aquela fonte foi produzida por Deus milagrosamente a pedido de São Francisco, porque nem antes nem depois viu-se jamais uma fonte de água naquele lugar; nem numa grande distância dali. Feito isso, São Francisco com o aldeão e com os companheiros agradeceram a Deus pelo milagre mostrado; e foram adiante. 
Quando chegaram perto do pé da própria rocha do Alverne, São Francisco quis repousar um pouco sob um carvalho que havia no caminho, e ainda há. Estando embaixo dele, São Francisco começou a considerar a disposição do lugar e da região. Estando nessa consideração, eis que veio um grupo grande de diversos pássaros que, cantando e batendo as asas, mostravam todos muita festa e alegria. Cercaram São Francisco de tal modo que alguns ficaram em cima de sua cabeça, outros nos ombros, alguns nos braços e outros no regaço, e mais alguns aos pés, ao redor. Como os seus companheiros e o aldeão viram isso e se admiraram, São Francisco todo alegre em espírito disse assim: “Eu creio, queridos irmãos, que nosso Senhor Jesus Cristo gosta que moremos neste monte solitário, porque os nossos irmãos e irmãs pássaros estão mostrando tanta alegria pela nossa vinda”. Ditas essas palavras, levantaram-se e foram adiante, chegando finalmente ao lugar que seus companheiros já tinham tomado antes. 
E isto é quanto à primeira consideração, isto é, como São Francisco chegou ao monte santo do Alverne. 
Para louvor de Jesus Cristo e do pobrezinho Francisco. Amém.